giovedì 30 dicembre 2010

Pillola dall'underground italiano pt.2

Salto nel tavoliere delle puglie


Planets


Nel 1964 nello scenario stellare tarantino luccica una giovane beat band “I planets” sulla scia luminosa del giovane chitarrista Silvano Chimenti. La destinazione della giovane fiamma di bagliore, dopo numerose esibizioni regionali/locali, è Roma, caput mundi. Nel 1965 le nuove stelle sbarcano il lunario,vengono scritturate in veste di backing band (band spalla) per Rita pavone da Teddy Reno, rimasto piacevolmente sorpreso dall’esibizione dei Planets al “Festival degli sconosciuti” di Arriccia. In nome di questo contratto discografico scintillano, anche se per poco,comparendo con breve apparizioni in pellicole dell’epoca(“Rita la zanzara”) e programmi televisivi(“Questi nostri figli”),esibendosi live in locali romani(“Piper”,”Titan”) e partecipando al festival “Sardegna canta”.Con continui cambi di formazione e in seguito anche di nome(“Pataxo and the others”), la band continua a brillare, per poi spegnersi nel 1968.



Ci piace star così con i capelli lunghi fino a qui


Comparsa dei Planets nel film "Perry Grant Agente Di Ferro"
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Pillola dall'underground italiano

Uzeda

Viaggio nel sottobosco underground italiano.Cominciamo con la punta dello stivale,e più precisamente con gli Uzeda,band math rock catenese,formatisi nel lontano nel lontano 1987 e ancora in attività.Due piccole curiosità/aneddoti sulla band:il loro secondo album "Waters"viene prodotto da Steve Albini(Big black,Rapeman,Shellac) e insieme alla Pfm,gli uzeda sono gli unici italiani a partecipare allo storico programma radiofonico di John Peel "Peel sessions".





lunedì 27 dicembre 2010

Psychedelic lollipop



Benvenuti nella macchina del tempo. Accomodatevi . In omaggio un leccalecca molto “psichedelico”.
"Psychedelic Lollipop", viaggio nello scervellato garage-rock sixties, è il debutto discografico datato 1966 del combo newyorkese Blues Magoos, di stanza fissa al Nite Owl Cafè. 
Precursori della psichedelia (per la prima volta sulla copertina di un disco compare il termine “psychedelic”) e famosi per le suits elettriche on stage, in sala di registrazione i Blues Magoos non appendono certamente gli strumenti al chiodo. Appena appoggiata la puntina sul vinile del loro disco d’esordio, scatta la scintilla. I Blues magoos tranquillizzano prontamente, è solo l’inizio, ”We ain’t got nothin’ yet’”, non abbiamo ottenuto ancora niente (ma si sa che chi comincia, è già a metà dell’opera). 
Senza perdersi d’animo, si destreggiano ardentemente, sfacciatamente, energicamente nella palude dei riverberi sonori, tra brani inediti e covers, seppur proiettati al futuro, è inevitabile svolgere uno sguardo al passato, omaggiando la vecchia tradizione americana con rifacimenti a dir poco, sconvolgenti, deliranti di grandi classici ("Tobacco Road", "I'll Go Crazy", "Worried Life Blues", "She's Coming Home"). 
Composizioni dalla forza dirompente, grintose, ritmate, disturbate da distorsioni di chitarre infuocate e dannatamente rumorose, a tratti lisergiche e allucinogene, ma con una forte componente melodica e orecchiabile (presente nelle ballads ”Queen of my nights”, ”Love seems doomed”, ”Sometimes I think about”), delicatamente rafforzata dalle tastiere intermittenti, sognanti e sporcata dalle chitarre garage-blues . 
La dolce armonia leggiadra, spensierata, quasi fanciullesca delle liriche, avvolta e influenzata dal conturbante, incantevole , ammaliante impeto sonoro chitarristico, degenera in jam rompicapo, infernali, devastanti, piacevolmente insopportabili .
Leggermente frastornati, ma felici, ritorniamo a casa, pronti per una nuova avventura elettrica e elettrizzante .
Recensione pubblicata anche su Debaser

mercoledì 15 dicembre 2010

Nazz

Nuova Rubrica
Underrated bands
Direi di incominciare con i Nazz, powerpop band dalle forti venature psichedeliche,attiva tra il 1967 e il 1970. Nessuno ha concesso a questi ragazzetti della Pennsylvania una foglia di trifoglio,neonata speranza di fortuna, nemmeno il loro manager, che li cataloga fin da subito come una band per bimbominkia:per fare i pignolini, rompiuova nel paniere,il termine preciso è "Teenybopper",ossia un giovane teenager che segue i trends del marketing della musica,cultura e moda.Il gruppo si muove tra le retrovie del rock,cerca di seguire la scia, l'ombra di gruppi come Yardbirds,ma spesso inciampa,calpestandosi i piedi.Nel 1970 il gruppo si scioglie per ragioni mai chiarite, probabilmente a causa di dissidi tra Todd Rundgren(chitarrista) e Carson Van osten(bassista).La casa discografica SCG,per niente impaurita dal morto vivente claudicante,batte il chiodo caldo, riesuma il cadavere,anche se ha ormai smesso di respirare, pubblica "Nazz III" nel 1971,senza il consenso dei componenti del gruppo.Chiusa l'esperienza flop dei Nazz,morto un papa se ne fa un altro.Todd Rundgren,chitarrista del gruppo,continua la carriera artistica da solista con un buon successo di critica.
Per saperne di piùhttp://oceanrain91.blogspot.com/2011/02/distorsioni.html 




domenica 12 dicembre 2010

Billy talent

Regola numero uno: non giudicare una band dal nome,ma dalla musica e dai testi


I Billy talent non sono l’ennesima band osannata dai bimbominkia,smettete di preoccuparvi per il vostro udito, nessun urletto isterico di adolescenti in arrivo. Falso allarme. Codice verde, Billy talent non è il penultimo vincitore di “American idol”,ma un gruppo rock canadese. Niente di nuovo sul fronte occidentale. Perché diavolo sprecare fiato e tempo, parlare per la milionesima di questi diabolici canadesi? La risposta, breve, ma significativa, è racchiusa nella parola “AMARCORD”.Oggi posseduta dal passato, mi ritornano in mente,come un flusso inesorabile di ricordi,i pomeriggi trascorsi ad ascoltare “Billy talent II”. Gridare, saltare come una pazza,senza pensare al domani, troppo lontano. Con il senno di poi, invidio l’ingenuità di quella ragazzina quattordicenne a cui bastava poco per evadere dal vuoto quotidiano. ”Billy talent II” non è un disco-capolavoro,non vi stravolgerà certamente l’esistenza, ma in un noioso, uggioso giorno di pioggia può essere un ascolto piacevole senza troppe pretese, da consumare sdraiati (ma pronti ad alzarsi per pogare) sul divano confortevole, vicino alle dolci grinfie del fuoco del caminetto. Ovviamente per accendere il fuoco non è necessario uscire fuori a raccogliere la legna,basta scaraventare contro il muro la vostra tv, sintonizzata su MTV. Liberatevi dalle dolci malefiche melodie dell’incantatore di serpenti:urlate al mondo, MTV get off the air! (cit. Dead Kennedys).


venerdì 26 novembre 2010

R.E.M. - Chronic town



Punk dopo di te

Nei primi anni ottanta,in pieno post-punk, quattro giovani studenti di Athens(Ga),Michael Stipe, Mike Mills, Peter Buck, Bill Berry, influenzati dalle sonorità proto-punk di Velvet Underground e Patti Smith, decidono di seguire le orme dei loro beniamini.Tutto è possibile, gli “ingredienti” sono più semplici di quanto si possa pensare: una chitarrista, un batterista, un bassista e un cantante.C’è bisogno di altro? Se ce l’hanno fatto i rozzi germs, privi di una adeguata preparazione tecnica, tutti ce la possono fare, basta sanguinare(we must bleed), dare se stessi per il sacro calice rock’n'roll. Nel 1982 i R.E.M. pubblicano il primo Ep, Chronic town, mai esordio fu più felice.Ogni canzone è un piccola perla da custodire gelosamente.L’animo della band è maledettamente punk, anche se le sonorità delle cinque canzoni contenute nell’ep si rifanno al pop-rock anni sessanta, ispirandosi al suono jingle-jangle dei Byrds.Ma allora perché definirli punk?L’attitudine di Stipe è punk, Michael, non canta, sarebbe banale, mormora, sussurra. Parole solo parole, dette non dette,che importa.Le danze iniziano con Wolves,lower, una filastrocca moderna non-sense.I lupi cattivi,forse il music business malato di soldi, devono stare in basso, lontani dalla casa del rock, “house in order”, come ripete ossessivamente nel ritornello la seconda voce Mills.La caccia abbia inizio, la chitarra di Buck è in perfetta forma, scintillante, brilla come una luce in profonda notte(gardening at night), anche se è buio non c’è motivo di perdersi, il ritmo è scandito dalla bussola di Berry. La batteria, sempre in primo piano,ci accompagna, guida, fino all’infinito,per un milione d’anni(1,000,000),la speranza è l’ultima a morire, la vita è una caccia al tesoro.La strada è oscura, piena di insidie,segreti,misteri,nelle mani del destino (Carnival of sorts). E’difficile cogliere un messaggio nel labirinto di frasi non-sense ripetute ossessivamente da Stipe, come se fosse impossessato da uno spirito,un po’ come i bambini piccoli che si rotolano per terra,nel fango, urlano, corrono, sbraitano per casa per la gioia dei genitori.E’ Solo uno scherzo, non l’avete capito, la canzone di chiusura è aperta da un risata beffarda. Stipe, tra serio e faceto, ripete la frase”We will stumble through the yard”,inciamperemo nel cortile.Una filastrocca per bambini in chiave rock.La festa abbia inizio!

La trovate anche su R.E.M. Italia e su Distorsioni :

 

venerdì 19 novembre 2010

I pelati

Strange bands names
Negli anni 60 i ragazzi amavano portare i capelli lunghi, i parrucchieri lavoravano a gonfie vele. Ma erano davvero tutti capelloni? O esisteva una minoranza non molto numerosa che amava rasarsi i capelli a zero?Avete capito bene,ebbene sì,esistevano anche i Pelati.Certo era una specie protetta dal wwf. Osservati speciali erano i Pelati, band beat sarda. Purtroppo o per fortuna,a niente sono serviti gli aiuti, i Pelati,si sono sciolti, si sono fatti ricrescere i capelli, per poi riformarsi sotto il nome di Colours. Mannaggia, ed ora chi salverà l'orgoglio pelato?Pelati di tutto il mondo unitevi!

mercoledì 17 novembre 2010

I ragazzi dai capelli verdi

Strange bands names
Nella storia della musica beat-rock italiana ricordo ragazzi/ragazze dai caschetti d'oro, dalle lunghe chiome brune, ma non mi era mai capitato di sentir parlare di ragazzi dai capelli verdi. Perdinci!Solo oggi, in ritardo di secoli, ho scoperto i ragazzi dai capelli verdi, band beat attiva negli anni 60 a Padova. L'idea del nome, maledettamente rivoluzionario, mi ha spinto a rintracciarli immediatamente sul motore di ricerca di youtube. Purtroppo ho trovato solo tre canzoni. Peccato, di certo non mi potevo aspettare un risultato migliore. Mal che vada, mi accontenterò di ammirare i loro magnifici capelli verdi. Ahah, si fa per dire, nelle foto sembrano più un incrocio mal riuscito tra verde e giallo. Non si può avere tutto dalla vita, gli irdcv erano già avanti per i tempi soporiferi in cui vivevano. Mi suona strano dirlo, ma non credo di sbagliarmi, definendo gli ircdv i Nostradamus del rock’n’roll, avevano già previsto il punk, le creste multicolori. Proprio per questa previsione futuristica hanno deciso di portarsi avanti con il lavoro, scegliendo un nome magicamente geniale : i Ragazzi dai capelli verdi. Sù, siamo nel 2010, cosa aspettate a tingervi i capelli, per vedere il mondo in modo più colorato.

sabato 13 novembre 2010

Hard times


I videoclips musicali, spesso, sempre più sono solo spot promozionali, per fortuna alcuni gruppi ispirati,illuminati da un’insana passione per la musica hanno saputo regalarci piccole perle,affidando la regia dei video a artisti con la A maiuscola, Michel Gondry,Anton Corbijn.La musica è arte, il cinema è arte, perché non unirle?E’ Il caso dei Radiohead, nella mia mente molte loro canzoni sono legate a fermi immagine,indelebili,indimenticabili : Just, No surprises, Fake plastic trees, Karma police.Penso a quest’ultimi due videoclips da me citati.I settings dei due videoclips sono posti che frequentiamo abitualmente: l'automobile e il supermercato.Ma la prospettiva sotto la quale sono rappresentati questi posti è alquanto inusuale : i protagonisti mettono da parte le maschere imposte dalla società e dimenticano i problemi della quotidianità ,ad esempio un giovane da' un calcio alla scatolone(chi di voi non ha mai dato un calcio un sassolino per scaricare lo stress) , un' anziana signora si siede,si rilassa comodamente su una sedia.Il video può essere interpretato anche sotto un'altra chiave di lettura,personalmente ci vedo anche una critica alla società consumistica,gli scaffali sono pieni di prodotti tutti uguali, se non fosse per una differenza cromatica.Nel video di Karma police un automobile segue un uomo.L'uomo inerme, corre, cerca di sfuggire alla macchina,che lo rende un oggetto senza emozioni.Oggigiorno che lo si voglia o no siamo dipendenti dalle macchine.Le macchine sono una sottospecie di polizia che vigila sulle nostre azioni.



venerdì 5 novembre 2010

Squirrel bait : Young people do it better
















A metà degli anni ottanta a Louisville, nel Kentucky, un gruppo di adolescenti annoiati trascorre le giornate a suonare nel garage di casa,una storia come tante, penserete. Tutti ci siamo divertiti a suonare con gli amici nello scantinato o in qualunque altro buco lontano dai pareri indiscreti di vicini ficcanaso. Nel primo ep degli squirret bait  la noia giovanile lascia spazio a un’energia speciale, inedita, la voglia di gridare al mondo i propri sentimenti come a voler dire "noi siamo qua,e voi cosa state aspettando?". La rabbia hardcore punk si scontra con la riflessione pop,non solo urlare, ma riflettere. Una riflessione pop, non melodica, il cantato è  urlato, i riff sgraziati. L’ira delle chitarre è contenuta da brevi pause, rallentamenti. La velocità dell’hardcore, è  alle spalle, si comincia a parlare di post-hardcore. Ogni nota musicale ha una sua evoluzione, la musica non può essere sempre la stessa. In questa rivoluzione sonora gli Squirrel bait per fortuna sono stati in buona compagnia, insieme ad Hüsker Dü e Replacements.


giovedì 4 novembre 2010

Descendents : L'appetito vien mangiando





















Dopo il budino, per restare "leggeri", proporrei un bel cheeseburger come quello che campeggia in primo piano nella copertina di bonus fat ep dei Descedents. Il pranzo sarà veloce, come in un vero fast food. La musica non vi lascerà scampo,non avrete mandato giù il primo boccone che tutto sarà già finito. D'altronde seppur melodici, i Descedents sono pur sempre un gruppo hardcore-punk coi fiocchi. Ritmi ferrati e rabbia giovanile, seppur impreziosita da un pizzico di ironia,che non guasta mai. Il pranzo è servito, affrettatevi, rischiate di non trovare più niente, i gruppi pop-punk made in 90s sono ingordi e fanno presto a fare piazza pulita.

Blancmange

Questa musica m'è dolce…
















Se siete cresciuti a pane e synth pop, ricorderete di certo i Blancmange. Ammettetelo erano il vostro piatto preferito, erano così dolci. D'altronde chi può mai battere in dolcezza un budino.Sì, Blancmange in inglese significa budino. Il sound della band difatti è molto zuccheroso, si potrebbe dire la solita frase "in nomen omen ", ma sarebbe sbagliato: il nome del gruppo è stato scelto casualmente, in ricordo del primo incontro (i due membri della band si incontrano per la prima volta ad una festa in cui il budino è la portata principale). I due si divertono a scherzare con il loro nome, numerose sono le copertine con in primo piano un budino pronto per essere mangiato. Che la merenda abbia inizio!


lunedì 1 novembre 2010

Quit your dayjob





















Pensavate che gli Abba fossero la band svedese più strana? Vi sbagliavate di grosso. Lo so da poco eravate riusciti a disintossicarvi dalle canzocine stupide, ma dannatamente orecchiabili degli Abba. I loro costumi di scena, causa del vostro daltonismo, scorrono ancora nella vostra mente, ogni giorno il vostro incubo ricorrente è il remake del musical “mamma mia”. Forse ho trovato la cura per voi, miei cari lettori.Se non siete diventati sordi in un discoteca negli anni settanta, i Quit your dayjob fanno al caso vostro, in due minuti vi dimenticherete gli Abba, sarete travolti dalla pazzia punk dalle venature elettroniche del trio svedese.Non ve ne pentirete. Un consiglio da amica, ascoltatevi l’album”Sweden,We have a problem” .


The count five














A volte per essere strani è necessario essere normali, è il caso dei Count five. La loro carriera è breve, pubblicano solo un disco, Psychotic Reaction. A parte la title track, l’album non ha successo, viene definito dalla critica specializzata un album mediocre, un album psychdelic rock datato anni sessanta come ce ne sono tanti. Che grande bugia! Già nella copertina i Count five dimostrano di non essere la solita band, magari mi sbaglio, ma non ho mai visto una band mettersi in posa per una copertina di un disco davanti ad a una buca, che potrebbe essere tranquillamente una tomba.Il disco non è un capolavoro,e non vuole nemmeno esserlo, i Count five compongono la loro musica divertendosi, è il caso di "Pretty big mouth" ( "bocca bella grossa ") : chi mai canterebbe “I ended up in the deep deep south/Makin’ love to the woman with a real big mouth!”, la risposta è semplice, un gruppo di ragazzi fuori di senno come i count five. I riff, le sonorità non hanno niente di speciale, ma forse è proprio l’estrema semplicità che li rende unici. Sì, avete capito bene, la semplicità è la chiave di tutto. Dove c'è scritto che bisogna complicarsi la vita con assoli super tecnici, talvolta basta poco per sconvolgere la storia della musica.


R.E.M. - Everybody hurts



La canzone non lascia spazio a dubbi come non mai, le canzoni dei R.E.M. in passato erano spesso o meglio sempre criptiche, di difficile interpretazione, ma ora il titolo parla chiaro"Everybody hurts", tutti noi soffriamo e non siamo i soli. Non è facile trasporre in un video di 5 minuti, un messaggio così importante, si rischia di essere banali. Il regista Jake Scott oltrepassa l'ostacolo, coglie in pieno l'immaginario suggerito dalla canzone: "affresca" nel suo cortometraggio una dolore collettivo del vivere, le persone ferme in un ingorgo stradale, simbolo della freneticità della vita moderna, riflettono e il solo riflettere li fa soffrire. Per rendere più partecipe chi guarda il regista escogita l'uso di Verfremdungseffekten di brechtiana memoria, ossia degli effetti di straniamento, affinchè lo spettatore non sia passivo, ma assuma una distanza critica. Quando viene inquadrata una persona compaiono delle scritte in sovrimpressione : le scritte non sono le parole del testo della canzone, ma i pensieri più nascosti della persona inquadrata. Alla fine tutti fuggono dalla riflessione e ritornano presumibilmente alla " vita", vengono ricatapultati involutamente nella quotidianità, un po' come il fellianiano Guido Anselmi.