mercoledì 19 settembre 2012

Suck - Time to suck


Nutro un odio profondo per le cover band, le trovo inutili e banali. I piccoli locali e pub la pensano diversamente, non si contano le serate dedicate a band tributo di Queen, Oasis, U2, Vasco Rossi e chi più ne ha più ne metta. Un omicidio di massa della creatività e dell'originalità. Non si crea più, il musicista assomiglia sempre più allo studente sfigato dell'ultima fila, copia dal secchione della classe e consegna un'imitazione pedissequa dell'originale. Di per sé coverizzare brani di altri artisti è una sfida stimolante ed avvincente, la questione critica è la mancanza di un approccio personalistico verso i propri modelli. Il panorama musicale contemporaneo è affollato da sosia e imitatori. Non esiste più la nobile arte del " copia, ma non si vede" o "fa cover, ma con stile e personalità". Negli anni sessanta- settanta i brani famosi venivano rifatti da artisti su artisti, ma ciascun musicista tracciava la propria orma indelebile. I Suck, band hard rock sudafricana, ci hanno costruito una carriera. Il loro primo ed unico album "Time to suck" (Emi, 1970) è composto, fatta per eccezione per "The Whip" (registrata in sei ore negli studi della EMI a Johannesburg), da cover. Il chitarrista Stephen "Gil" Gilroy , il batterista Saverio "Savvy" Grande, il bassista Louis Joseph "Moose" e il flautista / cantante Andrew Ionnides si prodigano nel rifacimento di classici blues / hard rock, progressive  rock e folk. Alcune cover sono più riuscite (Aimless Lady, Season of the witch, Sin's a good man's brother), altre meno (I'll be creeping).  Il livello qualitativo si mantiene medio - alto, la personalità dei Suck emerge prepotentemente, la volontà c'è, la voglia pure, la determinazione anche, manca la fortuna. "Time to suck" passa inosservato, un disco di cover, per quanto ben fatto, è un punto di partenza, non d'arrivo, una cover non lascia trasparire appieno l'inventiva creativa. Le abilità compositive dei Suck, presunte e potenziali, rimangono nascoste, non per volere della band, ma delle circostanze nefaste (l'aggravarsi della situazione politica e sociale). Il desiderio di registrare materiale inedito si infrange, il gruppo dopo l'uscita di "Time to suck" si scioglie. Tutto è finito o quasi. La storia dei Suck vive grazie ai cultori dell'hard-rock. Recentemente, nel Novembre 2001 "Time to suck" è stato masterizzato su cd, grazie all'etichetta sudafricana Retro Fresh.


6 commenti:

Cirano ha detto...

c'è di tutto dall'hard rock al prog...strani!!!

Tyler Durden ha detto...

A bologna o fai cover o trovar da suonare e' davvero dura se non impossibile, ingiusto ma e' cosi'.

Overthewall91 ha detto...

Brutta storia, Tyler.

Overthewall91 ha detto...

Sì, Cirano, spaziano dall'hard rock alla psichedelia.

Unknown ha detto...

Comunque credo siano tra i pionieri di certa musica nella zona "australe"! Bel post, concordo abbastanza sul ragionamento delle cover, ma credo anche che se ben fatte possano resuscitare canzoni, artisti e offrire buona musica. ...poi serve anche altro.

un saluto!

Overthewall91 ha detto...

Sì, i Suck tra i pionieri della scena heavy sudafricana. Sì, concordo, come ho già detto, il problema è la mancanza di personalità e l'abuso svilente della forma cover.