mercoledì 1 ottobre 2014

Il Fu Kindergarten



Per qualche mese- da marzo ad ottobre 2013 - ho contribuito alla rubrica "Kindergarten" di Moby dick  Radio due. Prima che Kindergarten chiudesse i battenti, mi ero dedicata, anima e corpo, all'ascolto e recensione di una serie dischi, colgo l'occasione per pubblicare la Kindergarten di Marzo 2014 (mai edita):


Go!Zilla “Grabbing a Crocodile”, Black Candy Records/ Audioglobe 2013
I Go!Zilla, giovane duo fiorentino, hanno appena due anni di vita e già centinaia di concerti- in Europa e in Italia - alle spalle. Non sono una band da studio, di quelle che trascorrono ore ed ore a trovare il suono giusto. Il ritmo del rock’n’roll i Go!Zilla ce l’hanno già nel sangue e il primo EP omonimo (Santa Valvola Records, Giugno 2012) e il sette pollici “I’m bleeding” (Surfin Ki Records) non sono nient’altro che un pretesto per girare in  lungo e il largo lo stivale – e non solo – a suon di garage rock.  “Grabbing a Crocodile” (Novembre 2013), primo album vero e proprio, è un esordio al fulmicotone : Luca Landi (chitarra/voce) e Fabio Fausto Ricciolo (batteria/seconda voce), musicisti punk nell’animo e psichedelici nella mente, sfornano un suono viscerale e travolgente, che non manca di aperture a un pop lisergico  ( “Dazed dream”).

Rev Rev Rev “s/t”,  Autoproduzione 2013
La musica dei Rev Rev Rev, quartetto di Modena, formatosi nell’estate del 2011, si riallaccia alla tradizione musicale anglo- americana della fine degli anni 80’, inizia anni ’90 e in particolare allo shoegaze, genere caratterizzato da composizioni con in primo piano cascate di feedback, distorsioni e riverberi. Nel loro primo album omonimo, uscito ad Ottobre 2013, la band racchiude questo mondo sonoro e riesce a farlo proprio. Nonostante si rifacciano a stilemi ben definiti, i vari brani nella loro struttura si presentano nuovi e freschi. I suoni del “passato” recente (anni 90) si calano alla perfezione nel presente. I r.r.r.  ricompongono i pezzi sparsi del puzzle e creano, ricostruendo vecchi immaginari di riff dissonanti.

Tempelhof “Frozen Dancers”, Hell Yeah Recordings  2013
I Tempelhof (nome ispirato all’ omonimo aeroporto berlinese), duo elettronico mantovano, nemo propheta in patria, incidono nel 2009 per la Distraction Records, etichetta indipendente di Newcastle. Il primo album “We were not there for the beginning, we won’t be there for the end”è in bilico tra atmosfere eteree e sognanti (tipiche di certo dream pop) e matrice ambient- techno: ritmi dilatati e rarefatti.  Con il passaggio-  nel 2012- alla emiliana Hell Yeah Recordings il gruppo comincia a sperimentare nuove strade: dopo la pubblicazione di due EP (“You K” e “City Airport”) e remix vari arriva il secondo album “Frozen Dancers”, disco di transizione tra l’ambient degli esordi e contaminazioni dubstep, che danno vita a pezzi più uptempo. I vari brani non si muovono entro margini ben definiti, quasi a non volere una linea guida ben precisa. Il risultato è un disco – volutamente- disomogeneo, che lascia i confini aperti alle produzioni a venire.

Le Maschere di Clara “L’Alveare”,  Materiali Musicali/Audioglobe 2013
“L’Alveare”, secondo album de Le Maschere di Clara, prosegue il percorso intrapreso dal gruppo nelle precedenti pubblicazioni discografiche – l’EP “23” (Jestrai Records, 2009) e il primo disco “Anamorfosi” (Black Widow, 2010) : l’idea di oltrepassare la linea di demarcazione tra elementi musicali classici e trame sonore rock. Tutti e tre i componenti della band - Lorenzo Masotto (voce, basso, piano), Laura Masotto (voce e violino elettrico) e Bruce Turri (voce, batteria) – vengono da studi classici e ciò si percepisce anche a un ascolto distratto. Il disco non ha però una matrice classica, tutt’altro, è a tutti gli effetti un disco rock d’avanguardia, dove il termine “avanguardia” è da intendersi come sperimentazione di nuove combinazioni stilistiche. Le Maschere di Clara, lontani dall’essere l’ennesimo gruppo neo-prog - legato a formule compositive stantie e datate – sono un gruppo capace di fondere poesia e musica: tutti i brani, ognuno dei quali dedicato a un poeta o a un scrittore, sono un connubio - quasi perfetto – tra eleganza classica e ruvidezza rock.



Alkene “Hamartia”, Moscow edizioni 2013
Gli Alkene, nati a Trieste nel 2009, pubblicano il primo album “Hamartia” (letteralmente “errore” in greco) ad Aprile 2013 . I friulani riprendono il discorso musicale, introdotto dall’EP dell’esordio (“Il Rogo”, 2009), e cambiano alcune componenti. Vengono meno il lato più sporco, l’anima più elettrica degli inizi (che riemerge a tratti in alcuni episodi, “Attesa”). Il suono d’insieme è minimale e scarno, semplice in superficie – all’apparenza- e complesso in profondità : brani con una struttura pop  e con sovrastrutture elettroniche, che alle volte si intrecciano alle trame sonore principali (“Julie”). Anche la voce diventa un strumento o quantomeno viene trattata come tale, si inserisce e unisce alla musica, divenendo un tutt’uno con quest’ultima. Gli Alkene hanno buone capacità di scrittura, prova ne è “Hamartia”. Primo passo verso la ricerca di  una formula musicale personale.


Secondo Appartamento “s/t”, Audioglobe 2013
Dopo una solida gavetta di concorsi - Sete Sois Sete Luss, Lucca Summer Giovani, Rock Contest- i  Secondo Appartamento danno alle stampe il primo album. Il gruppo, nato inizialmente come duo, si allarga a una formazione a cinque: Guido Legnaioli (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica), Martina Agnoletti (voce, oboe, xilofono, ritmiche), Riccardo Nuonno (basso) e Giuliana Ancillotti (pianoforte, organi, xilofono) e Patrizio Castiglia (violino, arrangiamenti archi e fiati). Il tessuto strumentale delle undici tracce- in bilico tra pop, folk e cantautorato – è un ottimo tappeto sonoro, ben strutturato e solido. L’anello mancante è una non ancora effettiva sintonia delle (due)  trame vocali con quelli musicali, nonostante la graziosa voce femminile.

The Doormen, “Black Clouds”, Autoproduzione/ Audioglobe  2013
“Black Clouds” è il secondo album dei Doormen, gruppo ravennate di stanza in Italia ma con nel cuore la terra d’ Albione. Vincenzo Baruzzi (voce, chitarra), Luca Malatesta (chitarra), Nicola Monti (batteria) e Marco Luongo (basso) mantengono inalterata la loro proposta musicale, “Black Clouds” segue sostanzialmente le coordinate sonore tracciate dal disco d’esordio omonimo (uscito nel 2011) : un rock, venato da sfumature new wave, con un forte impatto evocativo in stile Editors. Voce calda e basso in evidenza. Il quadro sonoro nell’insieme è più che discreto, ma manca forse di una prospettiva a largo raggio, non tutti i brani hanno la forza di imporsi con un’identità ben precisa. Tra gli episodi migliori : “I’m in the sunset “ e  “Her Power”.


Edaq “Dalla parte del cervo”, Autoproduzione/ Grand- mere 2013


Edaq, acronimo di Ensemble D’Autunno Quartet, è un progetto di musica popolare, nato in Piemonte dalle menti di Francesco Busso (ghironda elettroacustica), Gabriele Ferrero (violino, viola, mandolino), Flavio Giacchero (cornamusa, fiati, registrazioni ambientali), Enrico Negro (chitarra acustica e classica) e Stefano Risso (contrabbasso, sound processing, elettronica). “Dalla parte del cervo” raccoglie l’opera di questa folta schiera di polistrumentisti alle prese sia con riarrangiamenti di brani della tradizione (“Rigodon”) , sia con composizioni inedite (“Valse à Bu”). La musica popolare viene interpretata in chiave moderna, filtrata da nuovi linguaggi musicali, con il folk che si fonde a sfumature elettroniche (“Polca del Limousin/ Di corsa acquattata”) e il jazz (“Interplaygine/ Interplay”).


Quanto mi sarebbe piaciuto passarli in radio:




domenica 20 luglio 2014

Pierpaolo Capovilla - Obtorto Collo

Pierpaolo Capovilla nasce, artisticamente parlando, con il noise rock di matrice americana - ne sono testimoni gli album a nome “One dimensional man” – per poi proseguire in un tentativo, non sempre riuscito, di introdurre nel tessuto strumentale noise degli esordi il cantato in italiano: su un tappeto musicale sporco Capovilla, non più bassista, canta/recita testi de “Il teatro degli orrori”, che pretendono di essere, in base alle ambizioni dell’autore, pieni di riferimenti socio - politici. Un equilibrio instabile e a buon ragione; dopo tre album con il Teatro, Capovilla tenta la strada solista con “Obtorto collo”. Il primo singolo, “Dove vai”, è un pezzo strumentalmente ricco (violino, autoharp, chitarra acustica/elettrica) e si fa notare, in negativo, per la povertà di scrittura nella trama melodica e testuale: la chitarra acustica si confonde sotto strati di synth (”Dove vai/ cosa fai/ con chi esci/ con chi ti confidi"), non c’è armonia tra le parti, solo una banale confusione, come a voler cercare, forzatamente, una complessità compositiva insostenibile in ciò che dovrebbe essere pop. Il ritornello ripetitivo e forse, sotto certi aspetti, orecchiabile, date le fondamenta deboli, alla lunga non riesce a imporsi. “Dove vai” è un po’ la chiave di lettura dell’intero album: Capovilla installa i suoi testi, recitati o cantati, su un impianto sonoro (tra orchestrazioni e pop), poco pensato e molto improvvisato (“Quando”), a volte minimale , altre volte più denso (“Come ti vorrei”), ma che non presenta mai coesione e compattezza. E il cantato/recitazione di Capovilla non riesce mai veramente ad inserirsi nel contesto strumentale. “Obtorto Collo” non contiene vere e proprie canzoni, ma testi privi di musicalità, recitati su un sfondo musicale a tratti curioso ma mai veramente degno di nota, ordinario. Non viene rispettata la classica forma canzone, fatta eccezione per la già citata “Dove vai”; si vuole piuttosto provare una nuova via compositiva sperimentale che non ha però di niente di avanguardistico, anzi è quasi retrograda, più che avanti si va indietro. Bisognerebbe essere consapevoli dei propri limiti, evitare di addentrarsi in territori al di fuori delle proprie possibilità artistiche.


mercoledì 21 maggio 2014

The Men - Tomorrow's Hits

"Se “New Moon”, album uscito un annetto fa per Sacred Bones, è stato un disco di transizione verso una forma altra, quella del country/classic rock, in “Tomorrow’s Hits” – titolo che suona tanto come una beffarda provocazione – i Men si propongono come battitori liberi quali sono sempre stati, punk nell’anima – sempre che voglia dire qualcosa – e nell’approccio alla musica."
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