domenica 20 luglio 2014

Pierpaolo Capovilla - Obtorto Collo

Pierpaolo Capovilla nasce, artisticamente parlando, con il noise rock di matrice americana - ne sono testimoni gli album a nome “One dimensional man” – per poi proseguire in un tentativo, non sempre riuscito, di introdurre nel tessuto strumentale noise degli esordi il cantato in italiano: su un tappeto musicale sporco Capovilla, non più bassista, canta/recita testi de “Il teatro degli orrori”, che pretendono di essere, in base alle ambizioni dell’autore, pieni di riferimenti socio - politici. Un equilibrio instabile e a buon ragione; dopo tre album con il Teatro, Capovilla tenta la strada solista con “Obtorto collo”. Il primo singolo, “Dove vai”, è un pezzo strumentalmente ricco (violino, autoharp, chitarra acustica/elettrica) e si fa notare, in negativo, per la povertà di scrittura nella trama melodica e testuale: la chitarra acustica si confonde sotto strati di synth (”Dove vai/ cosa fai/ con chi esci/ con chi ti confidi"), non c’è armonia tra le parti, solo una banale confusione, come a voler cercare, forzatamente, una complessità compositiva insostenibile in ciò che dovrebbe essere pop. Il ritornello ripetitivo e forse, sotto certi aspetti, orecchiabile, date le fondamenta deboli, alla lunga non riesce a imporsi. “Dove vai” è un po’ la chiave di lettura dell’intero album: Capovilla installa i suoi testi, recitati o cantati, su un impianto sonoro (tra orchestrazioni e pop), poco pensato e molto improvvisato (“Quando”), a volte minimale , altre volte più denso (“Come ti vorrei”), ma che non presenta mai coesione e compattezza. E il cantato/recitazione di Capovilla non riesce mai veramente ad inserirsi nel contesto strumentale. “Obtorto Collo” non contiene vere e proprie canzoni, ma testi privi di musicalità, recitati su un sfondo musicale a tratti curioso ma mai veramente degno di nota, ordinario. Non viene rispettata la classica forma canzone, fatta eccezione per la già citata “Dove vai”; si vuole piuttosto provare una nuova via compositiva sperimentale che non ha però di niente di avanguardistico, anzi è quasi retrograda, più che avanti si va indietro. Bisognerebbe essere consapevoli dei propri limiti, evitare di addentrarsi in territori al di fuori delle proprie possibilità artistiche.


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